Era una calda…caldissima giornata di luglio di qualche anno fa. Il giorno prima alcuni conoscenti avevano preso 2 ricciole. Chiamo Fabio e gli dico: “Fabio domani dobbiamo uscire. Sposta tutti i tuoi appuntamenti”. Fabio acconsente senza la minima perplessità. Le ricciole dalle nostre parti sono rare e quando ci sono bisogna approfittarne. Spesso si tratta di pesci di passaggio che durante i loro spostamenti non disdegnano avvicinarsi anche su fondali bassi come quelli ladispolani. Le possibilità di ritrovarle anche nei giorni successivi sono poche ma per le ricciole…. questo ed altro. L’indomani Fabio si fa trovare puntualissimo al bar dove solitamente facciamo colazione. Due chiacchiere, caffè cornetto e …via si parte. Dopo una mezz’ora abbiamo la vasca con diversi sugheri. Non sono il top per le ricciole ma decidiamo di non perdere altro tempo e andiamo a calare. A luglio il caldo è veramente tanto, soprattutto durante queste giornate di mare piatto, senza neanche un alito di vento. I giri intorno alla zona indicata dagli amici si susseguono senza la minima traccia di vita sull’ecoscandaglio. Fabio è bravo, non si lamenta mai, è sempre fiducioso e penso che ha veramente tutte le carte in regola per diventare un ottimo pescatore. Io lo tengo sempre sulle spine. Gli pongo domande quasi di continuo…, sulla quota delle esche che abbiamo calato, gli chiedo di controllare la profondità e soprattutto la velocità e ogni tanto gli chiedo di pescare con la canna in mano nei tratti dove il fondale risulta maggiormente discontinuo. Insomma ..cerco di tenerlo sempre vigile, consapevole che lo sconforto può sempre subentrare e che di certo rappresenta uno dei maggior nemici di un pescatore di ricciole. Decidere di andare a ricciole nei nostri litorali rappresenta veramente un’impresa tosta, un po’ come cercare un ago in un pagliaio. È necessario essere preparati psicologicamente a trascorrere tante ore senza avere uno strike e con questo caldo e con poche ore di sonno fatte, dopo un certo numero di ore, si rischia di mollare. Tra un giro e l’altro è gia mezzogiorno. Dico a Fabio: “Fa’, forse il sole alto ci darà una mano”. Fabio annuisce ma mi accorgo che la fiducia che aveva prima lo sta lentamente abbandonando. È difficilissimo, se non impossibile, mantenere la concentrazione su tutto quando non c’è il minimo segno di attività. Spesso in queste circostanze si comincia a pensare ad altro e si rischia di iniziare a pescare male, tralasciando quei dettagli che potrebbero essere importanti. Comincia ad alzarsi il NW e dentro di me penso: “ecco qua il maestrale. Abbiamo un paio d’ore scarse di pesca, prima che rinforzi” , ma mi guardo bene dal dirlo a Fabio. Dalle nostre parti quando si alza questo vento le possibilità di pescare si riducono fortemente. È quasi una regola fissa che tutti i pomeriggi si alzi questo vento e spesso preannuncia una bellissima giornata di mare calmo per il giorno successivo. In questi casi è più proficuo farsi scarrocciare studiando bene la direzione della corrente e cercando di passare nei punto giusti piuttosto che continuare a trainare. Ed è ciò che decidiamo di fare dopo un’oretta di altri giri. Sono ormai le 14,00. Il NW è teso e lo scarroccio ci fa viaggiare a circa 0,8 kn. Ogni tanto riaccendiamo i motori per risalire la corrente e cercare di ripassare sullo spot ma la fiducia comincia a barcollare anche dentro di me. Un buon panino tonno e pomodori mi rida’ la giusta carica per continuare. Sono quasi le 16,00 e ci troviamo su una lunga zona sabbiosa. Non abbiamo le energie per recuperare di nuovo le canne e risalire la corrente e quindi decidiamo di continuare a lasciarci trasportare dalla corrente. A questa velocità tra non più di 15 minuti dovremmo iniziare a costeggiare un’altra area rocciosa molto interessante e la speranza si sa… è l’ultima a morire. Il fondale sabbioso è di circa 18 mt e ormai siamo prossimi ad entrare nella secca. “Fabio… occhio al guardiano, sta risalendo…”. 16 mt….14 mt… strike !!! La partenza è decisa e mi coglie veramente di sorpresa. La corrente è così forte che non possiamo contrastarla neanche coi motori. Chi ha già avuto a che fare con questi pesci sa benissimo che i primi secondi sono fondamentali e che bisognerebbe tentare di spostare il pesce fuori dalla secca. Ma purtroppo lo strike è avvenuto “in entrata alla secca” sotto un forte maestrale e so che non posso fare nulla se non affidarmi alla fortuna. Fabio mi guarda sbigottito. Non ha ancora capito che ho un pesce in canna. Il filo va via veloce mentre guardo lo scandaglio e siamo già a 9 mt. La ricciola sta sicuramente sfiorando i bassi scogli ed io non posso andare oltre i 4 kg di frizione. Sono attimi ma sembrano durare un’eternità. Dopo circa 7/8 secondi di fuga avverto il filo uscire con minore velocità ma in modo stranamente molto regolare. Ci impiego altri 3/4 secondi prima di capire ciò che sta succedendo e urlo a Fabio: “cazzo Fabio.. ho il guardiano incagliato. Corri , accendi e torna indietro sul punto di incaglio….veloceeeeee”. In cuor mio sapevo già di aver perso il pesce. Con un guardiano incagliato una ricciola ci mette 1 secondo a stuccare il terminale. Risaliamo sulla verticale del punto, disincagliamo il guardiano ed infatti troviamo il terminale stuccato senza più gli ami. Lo sconforto è tanto. Dopo circa 10 ore di traina avevamo avuto lo strike tanto atteso ma in pochi secondi abbiamo perso tutto. Non posso altro che far “mea culpa”. Per distrazione avevo realizzato il guardiano con 1 mt di 0,50 anziché di 0,35. L’errore è di quelli madornali e ne ho pagato amaramente le conseguenze. La pesca a volte è fatta di dettagli, di equilibri impercettibili. Non dimenticherò più la delusione negli occhi di Fabio e da quel giorno, la prima cosa che faccio è accertarmi di avere sempre un buon 0,35 a disposizione. In quell’uscita di pesca siamo rientrati a mani vuote e con una gran delusione nell’animo ma al tempo stesso è stata utilissima perché ci ha fatto capire che la possibilità di poter allamare il pesce che cerchiamo è sempre dietro l’angolo, così come la possibilità di perderlo.
Valerio